Associazionismo e democrazia a Salemi dall’Unità d’Italia ai primi del Novecento di: Pierfrancesco Di Vita

Il movimento associazionistico salemitano trova nelle "maestranze" la sua radice storica. L’arco di tempo che va dall’indomani dell’Unità d’Italia al 1910 vide una splendida fioritura di società di mutuo soccorso, circoli culturali, associazioni contadine e la nascita nella cittadina trapanese della prima Banca Popolare Cooperativa e di Piccoli Prestiti, nonché della Cassa Agraria Cooperativa Aliciana poi Cassa Rurale ed Artigiana. Dalla lettura di giornali dell’Ottocento e dalla tradizione orale è possibile venire a conoscenza dell’effettiva esistenza a Salemi di sodalizi i cui statuti sono andati dispersi menomando in tal modo una conoscenza ancora più completa del movimento associazionistico salemitano.

Le associazioni venivano fondate per fini esclusivamente mutualistici in modo da elevare le condizioni economiche e morali delle classi lavoratrici. Esse proliferarono nei centri urbani con interessante rapidità tanto da impensierire severamente i governi dell’epoca.

L’esistenza di talune associazioni di cui non ho trovato gli statuti è comprovata, comunque, da articoli ricavati da alcuni giornali del tempo come L’Esule, di Trapani riportante la notizia della nascita a Salemi il 27 dicembre 1891 della Società Democratica(1), di chiara ispirazione mazziniana, alla cui inaugurazione parteciparono i circoli Buoni Amici e Favara di Salemi. Dalla rivista trapanese Il Mare (già L’Esule) ho tratto la notizia della nascita a Salemi il 10 dicembre 1892 del sodalizio del Fascio dei lavoratori(2) preceduta e seguita dalla costituzione di uguali sodalizi in tutta la Sicilia. La speranza socialista della conquista della campagna ad opera dei contadini andò delusa quando il 3 gennaio 1894 il generale Manra a Palermo decretò dopo i disordini verificatisi in tutta la Sicilia, lo stato d’assedio. I Fasci dei lavoratori vennero sciolti per legge e fu disposto l’arresto dei membri del comitato centrale ritenuti responsabili dei disordini avvenuti nell’isola(3). Uguale sorte toccò al medico Alessandro Catania, presidente del Fascio dei Lavoratori di Salemi, il quale venne tratto in arresto per i disordini verificatisi a Salemi la sera del 31 dicembre 1893 e quella successiva quando la popolazione diede alle fiamme i "Casotti del Dazio" nonché il Casino dei Civili manifestando contro il sindaco e la giunta municipale(4).

Il dottore Alessandro Catania, autore del romanzo a sfondo autobiografico Gli Illusi, venne condannato dal Tribunale Militare di Guerra in Trapani il cui disposto originale della sentenza è conservato presso l’Archivio di Stato di Trapani(5). Lo statuto del Fascio dei lavoratori di Salemi, è andato disperso così come quello antecedente della Società Operaia fondata da Alberto Maria Mistretta nel 1866(6). Il presente studio si avvale, in compenso, dell’analisi di altri statuti esistenti nella Biblioteca Comunale di Salemi, nella "Fardelliana" di Trapani nonché nella Biblioteca Regionale di Palermo.

Abolite le Maestranze ad esse si sostituirono le congregazioni religiose come quella di S. Eligio, fondata in Salemi nel 1885, il cui scopo precipuo era quello di contribuire alla crescita morale dei congregati secondo i principi cristiani(7). All’interno di tale congregazione, della quale potevano far parte unicamente i fabbri ferrai e gli stagnini, non tutti i soci godevano di uguali diritti distinguendosi, a tal proposito, tra fratelli fondatori, iscrittisi entro il 31 marzo dell’anno di fondazione, e semplici benefattori i quali, pur godendo dei vantaggi dei congregati, "sono privi di voce attiva e passiva"(8). L’ordinamento interno si regge su un’articolata organizzazione gerarchica al cui vertice si trova il Superiore coadiuvato da un Direttore Spirituale da lui stesso scelto(9). Scendendo verso la base di questa piramide troviamo due assistenti, il primo dei quali svolge la mansione di cassiere mentre, uno dopo l’altro, faranno le veci del Superiore in caso di impedimento di quest’ultimo(10).

Le decisioni di maggiore o minore importanza, comunque, sono prese dalla consulta, un organo a composizione piuttosto ristretta della quale fanno parte quattro consultori, i due assistenti nonché il maestro dei novizi(11). Si evince dallo statuto che non viene espressamente previsto l’organo assembleare, ma si ordina che la congregazione decida sull’ammissione dei soci benefattori e questo senza specificare cosa debba intendersi con congregazione, dovendosi forse interpretare come la riunione di tutti indistintamente i congregati(12).

Se ispirarsi ai veri principi democratici all’interno di un’associazione significa rimettere all’assemblea la decisione sulle questioni di maggiore rilevanza, si arguisce come all’interno della Congregazione di S. Eligio domini uno spirito accentratore.

L’ordinamento interno della Società Operaria di Mutuo Soccorso, fondata a Salemi nel 1879 è, invece, imperniato sulla centralità dell’assemblea generale dei soci, organo a cui è affidato il potere decisionale, esprimendo in tal modo una sincera aspirazione alla democrazia. Nello statuto della Società Operaia del 1879 è ampiamente disciplinato l’istituto assembleare come, d’altronde, nello statuto della Società Operaia di Mutuo Soccorso del 1883 ed infine come nello statuto della Società Operaia del 1888 sotto titolata, imitando la precedente, "Lavoro e Fratellanza".

È da rilevare che la costituzione della Società Operaia di Mutuo Soccorso "Lavoro e Fratellanza" del 1883 fu curata dal barone Domenico Villaragut insigne filantropo, abilissimo artista del legno, nonché compositore. Le notizie riguardanti la figura del barone Domenico Villaragut, morto nel novembre del 1923(13), sono state raccolte attraverso fonti orali riportatemi dal nipote barone Domenico Villaragut.

Nei primi tre statuti menzionati è possibile cogliere non solo analogie chiare e inequivocabili ma anche differenze formali e sostanziali della disciplina dell’assemblea essendo stati redatti in anni e, immagino, circostanze diverse. In tutti e tre gli statuti l’assemblea è definita come la riunione di tutti i componenti la società, tuttavia, in quello del 1879 e in quello del 1888 è specificato che all’assemblea possono partecipare soltanto i soci effettivi rimanendo esclusi, in tal modo, i soci onorari e quelli benemeriti(14). Nello statuto del 1888 è, inoltre, espressamente affermato che nell’assemblea risieda il potere supremo(15) a testimonianza della sua centralità. L’assemblea, nello statuto della Società Operaia del 1879, elegge a maggioranza assoluta un consiglio direttivo(16) cui compete l’esecuzione delle delibere assembleari e la gestione societaria nonché l’elezione, sempre a maggioranza assoluta, di una commissione di pacieri o giurati(17) che si compone di quattro membri(18). Del consiglio direttivo fanno parte il presidente, due vice presidenti, un segretario, due vice segretari, un amministratore e 12 consiglieri i quali, come i membri della commissione dei pacieri, durano in carica un anno, sono rieleggibili e prestano la loro opera gratuitamente(19). Mentre nello statuto del 1879 e in quello del 1888 l’assemblea elegge gli ufficiali societari riunendosi in seduta straordinaria(20) nello statuto del 1883 il rinnovo delle cariche sociali avviene in seduta ordinaria(21). L’assemblea elegge, secondo quanto disposto dallo statuto della Società Operaia del 1879, il presidente la cui scelta può ricadere oltre che sui soci effettivi anche tra quelli onorari e benemeriti(22). Diversamente da quanto prima, lo statuto della Società Operaia del 1883 dispone che l’assemblea elegga il presidente tra persone estranee al sodalizio ma idonee all’ufficio(23), mentre lo statuto del 1888 stabilisce che il presidente può essere scelto "fra persone che non sono operai ma che appartengano alla Società"(24). Per la validità delle sedute assembleari nello statuto del 1879 non è richiesto un quorum particolare essendo le stesse legali qualunque sia il numero degli intervenuti(25) mentre nello statuto del 1883, per la validità delle sedute in prima convocazione, è richiesta la presenza della metà più uno dei soci; in seconda convocazione qualunque numero di presenti è sufficiente per la legalità delle riunioni assembleari(26). A norma dello statuto della Società Operaia del 1888 le riunioni sono rese valide dalla presenza in prima convocazione della metà più uno dei soci mentre si discute e si delibera soltanto sulle questioni iscritte all’ordine del giorno(27). Tale norma statutaria, già rintracciabile nello statuto della Società Operaia del 1879, aveva il fine di regolamentare e ordinare i lavori assembleari che altrimenti si sarebbero svolti in maniera caotica e dispersiva(28). Secondo quanto disposto dalla normativa statutaria del 1879(29), a cui si ispireranno i due successivi statuti, l’assemblea è chiamata a deliberare sull’ammissione dei soci a scrutinio segreto.

Il ricorso alla votazione per scrutinio segreto è un sistema ancor oggi accolto nella disciplina normativa di ordinamenti di qualsiasi livello al fine di garantire il voto individuale da ingerenze e condizionamenti esogeni. L’assemblea, secondo gli statuti delle società operaie di mutuo soccorso, gode anche di importanti attribuzione economico-finanziario e, infatti, ha il potere di deliberare sul bilancio di previsione e i conti consuntivi predisposti da altri organi di amministrazione interna. Il bilancio di previsione e il conto consuntivo sono, come si è potuto rilevare, istituti di origine remota i quali, attraverso un lungo processo evolutivo, sono pervenuti ai nostri giorni non senza quelle modifiche intervenute necessariamente per adeguare questi istituti a esigenze del tempo. Ritornando all’organo assembleare, un’altra norma dello statuto del 1879 che desta interesse è quella secondo cui tutti i soci, senza distinzione tra effettivi, onorari e benemeriti, possono partecipare alle adunanze assembleari ma hanno diritto al voto soltanto i soci effettivi che hanno raggiunto il 18° anno di età(30).

Quest’ultima disposizione la incontriamo anche nello statuto della Società Operaia del 1883 in cui si legge ancora "che non possono pigliare parte alle discussioni, né votare i soci che siano in mora di 2 pagamenti mensili"(31). Tale regola ha una chiara natura disciplinare nonostante sia posta in quel titolo dello statuto dedicato in via primaria all’assemblea e sue funzioni. Sempre a proposito dell’assemblea, è disposto che le sedute siano pubbliche e l’accesso alla sala delle adunanze avvenga previa presentazione da parte dei soci dei rispettivi libretti di iscrizione(32). Nello statuto della Società Operaia del 1888 ricorrono norme simili, a proposito di quanto precedentemente detto, cioè che alle adunanze assembleari tutti i soci possano partecipare alle discussioni rimanendo esclusi dal diritto di voto soltanto quelli che non abbiano pagato la retta da tre mesi(33).

Null’altro essendo disposto circa l’estensione e i limiti del diritto a partecipare alle discussioni assembleari e conseguenti deliberazioni, si può affermare che i soci al di sotto della maggiore età godano dei diritti sopra citati diversamente da quanto disposto nei precedenti statuti. L’assemblea ricorre allo scrutinio segreto in occasione di votazioni riguardanti persone il che fa presupporre il ricorso ad altri metodi di votazione quando è chiamata a deliberare su argomenti di altra natura. A tal proposito il regolamento della Società Operaia di Mutuo Soccorso del 1888 dispone che le votazioni possano avvenire non solo per scrutinio segreto ma anche per alzata e seduta nonchè per appello nominale(34). Ancora oggi tali metodi di votazione sono adottati riconoscendosi, talvolta, l’inutilità del ricorso allo scrutinio segreto, per affari di minore importanza o, comunque, non concernenti il rinnovo delle cariche sociali nonché l’ammissione o l’espulsione dei soci.

Si ricorre allo scrutinio segreto, sempre secondo il regolamento precedentemente citato, per l’approvazione dei bilanci nonché quando deve ricorrersi a modifiche statutarie(35). A tal proposito lo statuto della Società Operaia del 1879 dispone che, qualunque modifica dello stesso, potrà intervenire "dopo un anno dalla sua approvazione"(36) per garantire in tal modo l’operatività dello statuto in uno spazio di tempo minimo. La modifica statutaria sarà proposta dal Consiglio o dai venti soci e su questa l’assemblea sarà invitata a deliberare con l’intervento dei due terzi dei soci e ad approvare con i due terzi dei votanti(37). Diversamente, lo statuto della Società Operaia del 1883 dispone che la proposta di modifica statutaria intervenga dopo un anno dalla sua approvazione ma su iniziativa di trenta soci e senza che eguale facoltà sia concessa al consiglio(38). Quanto disposto dallo statuto del 1883 in materia di modifica dello stesso lo ritroviamo nella Società Operaia del 1888 il cui ordinamento estende la facoltà di proporre modifiche statutarie al Consiglio e prevede che le stesse siano approvate con il voto dei due terzi dei presenti(39). La norma che prevede la maggioranza qualificata dei due terzi dei voti per approvare le modifiche statutarie mira indubbiamente a garantire lo statuto societario da maggioranze occasionali. Il ricorso ad una maggioranza qualificata nonché la norma secondo cui è possibile procedere a modifiche dello statuto non prima di un anno dalla sua entrata in vigore dimostrano il chiaro intento dei redattori di ispirarsi al principio della rigidità dello stesso accolto anche dalla Costituzione Repubblicana del 1948.

Abbiamo sino ad ora analizzato gli statuti delle società operaie di mutuo soccorso i cui iscritti sono operai ed artigiani e il cui grido di protesta, riecheggiante in tutta Europa, rivendicava condizioni di vita migliori e un ampio riconoscimento dei diritti civili e politici. All’indomani dell’Unità d’Italia solo il due per cento della popolazione sul territorio nazionale ha diritto di voto su base censitaria(40).

Soltanto nel 1882 il suffragio elettorale viene allargato con la riforma introdotta da Depretis e cresce, pertanto, l’interesse di una certa classe dirigente verso gli operai elettori. Nel 1891, intanto, sorge a Salemi la prima Associazione degli Agricoltori il cui scopo sociale consisteva nel miglioramento delle condizioni materiali e morali degli associati(41) secondo quanto previsto, in via generale, da tutte le società operaie di mutuo soccorso. Il movimento operaio precede in Europa come in Italia quello dei contadini sensibilizzati ai problemi sociali con un certo ritardo a causa di una scarsa informazione la quale con particolare difficoltà riusciva a penetrare nelle sperdute campagne. Una immatura sensibilizzazione ai problemi sociali, unita ad una scarsa forza di coesione posticiparono la nascita delle associazioni contadine rispetto a quelle operaie. A questa che possiamo considerare, in linea di principio, una regola non sfuggì nemmeno la cittadina di Salemi in cui la prima Associazione degli Agricoltori nasce soltanto verso la fine del secolo scorso. L’ordinamento interno di tale sodalizio s’ispirò apertamente ai principi del vivere secondo democrazia imitando in tal modo le Società Operaie di Mutuo Soccorso.

Un’innovazione in senso assoluto, comunque, è l’istituzione di una "Cassa di anticipazione" con il compito di effettuare prestiti a favore dei soci per l’acquisto di sementi, di attrezzi agricoli e bestiame(42). La qualità di socio è connessa con quella di azionista e, pertanto, sono soci coloro i quali avranno sottoscritto almeno un’azione il cui importo è pari a lire 25(43). L’ammissione dei soci, diversamente da quanto disposto dalle Società Operaie di Mutuo Soccorso, è deliberata dal consiglio di amministrazione(44) il cui presidente ha il compito di presiedere, tra l’altro, l’assemblea dei soci chiamata a deliberare sugli affari ad essa attribuiti(45). La circostanza per la quale l’ammissione dei soci non è deliberata dall’assemblea non deve indurci a credere che la stessa sia priva di reali poteri, quantunque, questa e ulteriori competenze vengano attribuite al consiglio di amministrazione in via esclusiva. Come per le società operaie di mutuo soccorso, l’ordinamento interno dell’Associazione degli Agricoltori attribuisce all’assemblea il potere di approvare i bilanci all’uopo predisposti dal consiglio di amministrazione(46).

Spetta ancora all’assemblea il compito di stabilire un’indennità a favore di non più di tre soci i quali, all’interno del consiglio di amministrazione, svolgono particolari mansioni(47). E’ regola generale che le funzioni dei membri del consiglio siano svolte gratuitamente. La norma prima citata rappresenta una deroga a un principio accolto negli statuti delle Società Operaie.

L’assemblea dell’Associazione degli Agricoltori deliberava a maggioranza assoluta dei presenti(48), salvo quanto disposto circa lo scioglimento del sodalizio per il quale era necessario l’unanimità dei voti(49). Un altro punto meritevole d’attenzione riguarda i metodi di votazione previsti ovvero l’appello nominale e lo scrutinio segreto. Dalla lettura dello statuto emerge che il metodo di votazione usuale è quello per scrutinio segreto, tuttavia, è possibile procedere per appello nominale qualora venti soci ne facciano espressamente richiesta, salvo restando il ricorso al primo metodo "quando si tratta di persone"(50). Da quanto detto possiamo affermare con certezza che nell’assemblea, sia delle società operaie sia dell’Associazione degli Agricoltori, risiede il potere di determinare la politica societaria mentre al consiglio d’amministrazione o direttivo è attribuito il compito, in linea di massima, di portare ad esecuzione le delibere assembleari.

La divisione di competenza fra i due organi è piuttosto rigida mancando occasioni di collegamento se non in circostanze ben definite come, ad esempio, la predisposizione dei bilanci da parte del consiglio su cui l’assemblea è chiamato a deliberare.

Ritornando alla storia del movimento associazionistico a Salemi si ricorda la nascita di due circoli e cioè il "Nuovo Circolo" nel 1894 dalle "ceneri" del "Casino Buoni Amici" e per iniziativa del barone Domenico Villaragut e il circolo "L’Avvenire" nel 1910. Il "Nuovo Circolo", diversamente da quanto si prefiggevano le società operaie e l’Associazione degli Agricoltori, si disinteressava del miglioramento materiale degli iscritti rivolgendo la sua attenzione, in particolar modo, "all’affratellamento della classe colta"(51). La crescita culturale e morale degli associati era anche il fine del circolo "L’Avvenire" i cui soci effettivi, onorari, temporanei e studenti erano invitati a intrattenersi "in conversazioni utili e morali"(52).

Nello Statuto del "Nuovo Circolo" costituiscono le assemblee i soli soci effettivi al corrente dei pagamenti per contributo mensile e tassa giuochi(53).

Analogamente nello statuto del circolo "L’Avvenire", l’assemblea è composta unicamente dai soci effettivi(54) la cui maggioranza assoluta, in adunanza, conferisce validità alla stessa(55). Per entrambi i circoli le assemblee generali dei soci sono convocate dal presidente che le presiede tramite invito ai soci spedito a domicilio otto giorni prima(56), mentre le deliberazioni assembleari vengono prese a maggioranza assoluta dei presenti(57) accogliendo, in tal modo, un principio comune alle società operaie di mutuo soccorso. Lo statuto del "Nuovo Circolo" prevede, inoltre, che l’avviso di convocazione in favore dei soci possa essere affisso nelle sale del circolo(58). E’ competenza delle assemblee dei due circoli l’approvazione sia del bilancio di previsione sia del rendiconto generale(59). Gli statuti dei due sodalizi, tuttavia, contengono disposizioni diverse in merito alla possibilità degli stessi di essere sottoposti a modifica: qualunque modificazione allo statuto del "Nuovo Circolo" è deliberata da non meno dei due terzi dei soci presenti aventi diritto al voto(60) mentre per la modifica dello statuto del circolo "L’Avvenire" è richiesta semplicemente la maggioranza assoluta dei presenti(61). Il secondo statuto, pertanto, sembra ispirarsi al principio della "flessibilità" non essendo richiesta per la sua modifica alcuna maggioranza qualificata come, invece, disciplinato nell’ordinamento della Società Operaia del 1888(62). Suscita particolare interesse la disposizione contenuta nello statuto del circolo "L’Avvenire" secondo la quale qualsiasi socio ha facoltà di sindacare l’operato dell’amministrazione attraverso una domanda rivolta per iscritto al presidente e nella quale si chiede che "l’affare sia sottomesso alla deliberazione dell’assemblea"(63). La novità della norma consiste nel fatto che attraverso la stessa è stato possibile istituire uno strumento ispettivo azionabile dal singolo socio nonostante che, per la sua stessa ammissibilità, la domanda deve "essere firmata dal reclamante e da un quinto dei soci effettivi"(64). Questo nuovo istituto sembra intaccare il principio della rigida separazione delle competenze, già caro ai sodalizi post-unitari, immaginando un nuovo modo di procedere nello svolgimento dei rapporti tra assemblea, da una parte, e direttivo, dall’altra. La crescita e il proliferare di varie associazioni ha contribuito, attraverso un processo lento e difficile, alla nascita di istituzioni "veramente" democratiche sul piano nazionale.

Lo Statuto Albertino del 1848 aveva concesso la libertà di riunione e di associazione permettendo, in tal modo, il diffondersi delle società operaie, prima nel Regno di Sardegna e poi nel resto d’Italia(65).

La fondazione nel 1860 della prima Banca Popolare Cooperativa a Lodi a opera del Luzzati(66) fu un esempio seguito nella cittadina di Salemi dove nel 1908 venne istituita una Banca Popolare Cooperativa e di Piccoli Prestiti(67). Una prima società cooperativa, a dire il vero, era già sorta in Salemi nel 1891 e andava sotto il nome di Associazione degli Agricoltori di Salemi munita di una "Cassa di Anticipazione" per effettuare prestiti a favore esclusivamente dei soci(68).

La Banca Popolare Cooperativa del 1908 concede prestiti anche ai non soci entro limiti definiti da un apposito regolamento interno(69), ha la forma di una società per azioni e la qualità di socio è connessa al possesso di un’azione del valore di lire venti(70). Nonostante il C.d.A. eletto dall’assemblea e composto dal presidente coadiuvato da otto consiglieri(71) abbia importanti attribuzioni, tra cui quella di decidere sull’ammissione o meno degli aspiranti soci(72), la centralità dell’organo assembleare non è messa in discussione. Una separazione piuttosto rigida di competenze fra organi, cui si ispirava l’ordinamento interno, non precludeva all’assemblea la facoltà di far valere le eventuali responsabilità del consiglio sia al momento del rinnovo delle cariche sociali sia in occasione delle "deliberazioni riguardanti la loro responsabilità"(73). L’istituto della mozione, quale strumento ispettivo e di controllo azionabile collegialmente, era ancora sconosciuto del tutto alle assemblee come, d’altronde, lo era ai primi regimi parlamentari. Le assemblee vengono convocate in via ordinaria o straordinaria secondo una prassi ormai consolidata e, quindi, l’unica novità da rilevare è che i sindaci della Banca Popolare Cooperativa, i quali vegliano sulla rigida osservanza dello statuto, dei regolamenti nonché delle deliberazioni sociali, hanno il potere di convocare l’assemblea in via straordinaria(74). Per l’approvazione delle proposte all’ordine del giorno l’assemblea deliberava a maggioranza assoluta dei presenti secondo un principio caro alle società operaie, mentre si ricorreva allo scrutinio segreto qualora, trattandosi di persone, almeno venti soci lo richiedessero(75). Sia l’Associazione degli Agricoltori, sia la Banca Popolare Cooperativa, essendo delle vere e proprie società per azioni, prevedevano che, in caso di scioglimento, l’assemblea determinasse le procedure di liquidazione e nominasse, a tal fine, i liquidatori. Lo scioglimento dell’Associazione degli Agricoltori, tuttavia, andava decretato all’unanimità dei voti(76) mentre per la Banca Popolare Cooperativa, era sufficiente la maggioranza dei tre quarti dei presenti in un’assemblea convocata espressamente a tal fine e alla quale fossero intervenuti almeno la metà dei soci(77). L’inosservanza delle norme statutarie provocava, come diretta conseguenza, l’applicazione di sanzioni disciplinari e pecuniarie a carico dei soci trasgressori. Abolite le maestranze a esse si sostituirono, come abbiamo già detto, le congregazioni religiose e a Salemi venne fondata nel 1885 la Congregazione di S. Eligio. Lo spirito sentitamente religioso della congregazione emerge dalla normativa regolamentare imperniata su un rigido principio di cristiana carità e santificazione dell’anima; tanto è vero che il "non essersi per tre volte confessato" o "l’ostinata bestemmia" sono considerate cause di espulsione(78). La pena dell’espulsione è, tuttavia, comminata anche nei confronti di chi continuamente viola i regolamenti o non interviene immotivatamente alle riunioni(79). Una sanzione ben più mite, affibbiata a coloro che non intervengono agli accompagnamenti funebri senza alcun valido motivo, consiste nel pagamento della multa di una lira che andrà "a beneficio comune"(80). E’ chiaro che la sanzione più severa nei confronti dei trasgressori è costituita dall’espulsione la quale significa la perdita dei diritti e dei vantaggi goduti nella qualità di congregati. Essendo la moralità un requisito essenziale che dovevano possedere, indistintamente, tutti i congregati, una condanna per "omicidio", "furto" o "disonestà" costituiva una ragione per decretare l’espulsione del congregato autore di un crimine così grave. L’espulsione era prevista, inoltre, a danno di quei congregati i quali, con la loro indecorosa condotta avevano attentato al buon nome e all’immagine della congregazione di cui erano membri. La continua "ubriachezza", "il pubblico scandalo" nonché la "pubblica discordia", motivavano l’espulsione del congregato reo(81). Non era di certo ammissibile che un’associazione di ispirazione profondamente religiosa potesse tollerare il comportamento immorale dei suoi membri senza entrare in contraddizione con lo spirito che l’animava e con gli scopi perseguiti. La perdita di tutti i diritti può derivare, inoltre, dal mancato pagamento delle somme di cui i congregati siano debitori nei confronti della loro congregazione(82). Un’analoga disposizione è contenuta nello statuto della Società Operaia del 1879 a norma del quale i soci i quali si trovano da tre mensilità in ritardo col pagamento dei contributi mensili e non si siano messi in regola, nonostante l’avvertimento del consigliere, cesseranno di far parte del sodalizio, previa deliberazione assembleare e con conseguente perdita di tutti i diritti precedentemente goduti(83). Nello statuto della Società Operaia del 1883 nonché in quello del 1888, nonostante sia disciplinata l’espulsione dei soci in ritardo di sei mesi con la contribuzione mensile, tuttavia, non è previsto il ricorso all’assemblea per deliberare l’espulsione del socio moroso(84). L’espulsione, a norma dello statuto della Società Operaia del 1879, può essere decretata dall’assemblea anche nei confronti di quei soci che abbiano commesso qualche crimine o che, a causa della loro condotta, abbiano attentato al "buon costume"(85). Nello statuto della Società Operaia del 1883 è prevista, analogamente, l’espulsione nei confronti dei soci che abbiano commesso un qualsiasi crimine o, con la loro condotta biasimevole, abbiano attentato al "decoro della società"(86). Disposizioni sostanzialmente affini, a tal proposito, sono contenute nello statuto della Società Operaia del 1888 nel quale è espressamente disciplinata l’espulsione di quei soci condannati a pene criminali o correzionali(87). Indubbiamente l’espulsione è la pena più grave che possa essere inflitta in quanto determina la perdita di tutti i diritti acquisiti precedentemente e preclude la possibilità di essere riammessi. Il ricorso all’espulsione, a norma dello statuto della Società Operaia del 1879, è previsto anche nel caso in cui un socio infrange le disposizioni statutarie o, addirittura, tenti di "far sciogliere" il sodalizio di cui è membro(88).

Norma similare è contenuta, nel regolamento della Società Operaia del 1888, secondo il quale un socio che abbia tentato o tenti di far sciogliere la società di cui è membro viene espulso previa delibera assembleare(89).

E’ utile distinguere tra espulsione ed esclusione in quanto con la prima sanzione è preclusa al socio la possibilità di essere riammesso mentre con la seconda è espressamente stabilito che lo stesso possa essere, per così dire, reintegrato nei quadri societari.

L’esclusione è deliberata a carico di quei soci che avranno agito contro il sodalizio, disubbidito alle decisioni assembleari o istigato altri a farlo(90). La sanzione dell’esclusione, data la sua gravità, in quanto determina la perdita dei diritti acquisiti e delle somme già versate(91), è votata sempre dall’assemblea e non dal consiglio direttivo al quale è rimessa la decisione su questioni di minore rilevanza e clamore. Le pene inflitte dal consiglio direttivo consistono nell’allontanamento del socio dalle riunioni per un periodo di tempo lungo sino a sei mesi o, ancora, nella perdita della capacità elettorale attiva e passiva per un periodo di due anni(92). Queste ultime pene vengono comminate nei confronti del socio che abbia offeso con "atti e parole improprie" la solennità delle riunioni, abbia commesso "scandali" all’interno del circolo, abbia "brigato" per l’ottenimento di determinate cariche sociali e sia dedito ai vizi nonché ai cattivi costumi(93). Nello statuto della Società Operaia del 1883 e in quello del 1888 è previsto il ricorso ad una sanzione pecuniaria a carico di quei soci i quali, senza un valido motivo, non siano intervenuti alle onoranze funebri di un consociato(94). Non essendo presenti alle cerimonie funebri, evidentemente, si negava quel sentimento di umana solidarietà che invece doveva animare i membri di tali sodalizi. Il ricorso ad una sanzione pecuniaria in caso di assenza immotivata durante una cerimonia funebre era prevista anche nel regolamento della Congregazione di S. Eligio del 1885. Nello statuto della Società Operaia del 1888 è decretata l’espulsione anche nei confronti di quei soci i quali "simulano malattie o dolosamente le prolungano per godere del sussidio"(95). Certamente non si ricorre all’espulsione in qualsiasi circostanza, tant’è vero che sono previste sanzioni di diversa natura e gravità come, a esempio, quella prevista dallo statuto della Società Operaia del 1883 a norma del quale il socio "la cui condotta lascia qualche cosa a desiderare" subisce l’ammonizione del presidente il quale provoca un voto di censura o l’espulsione a danno del socio reo di "grave insubordinazione" durante le adunanze generali(96). Siamo, evidentemente, dinanzi a disposizioni sanzionatorie miranti a tutelare il regolare e sereno svolgimento dei lavori assembleari. Le sanzioni come l’ammonizione e la censura, comminate dal presidente, non sono date riscontrare negli altri statuti delle Società Operaie mentre è comune quella disposizione statutaria la quale prevede la cessazione dall’ufficio di consigliere a danno di colui il quale non sia intervenuto a tre sedute consecutive(97). Evidentemente tal disposizione normativa che prevede, inoltre, la sostituzione immediata del consigliere decaduto, mira a garantire l’espletamento del complesso lavoro del consiglio direttivo da defezioni continue e magari ingiustificate. A proposito di sanzioni merita attenzione una disposizione contenuta nello statuto della società operaia del 1883 secondo la quale il socio in ritardo col pagamento di due mensilità non può prendere parte alle discussioni assembleari né, tanto meno, votare; mentre a norma dello statuto della Società Operaia del 1888 "il socio che non paga da tre mesi può prendere parte alle discussioni generali ma gli è negato il diritto al voto"(98). Tali disposizioni, nonostante siano contenute in quella parte degli statuti dedicata alle assemblee generali, hanno un carattere inequivocabilmente disciplinare e sanzionatorio. Nel 1891, intanto, viene fondata l’Associazione degli Agricoltori di Salemi il cui statuto prevede, tra l’altro, il ricorso all’espulsione del socio resosi indegno di appartenere al sodalizio a causa di comportamenti contrari alla morale comune o perché venuto meno agli obblighi societari(99). Il consiglio direttivo, assumendo le funzioni di organo giudiziario, delibera sull’espulsione del socio il quale può, tuttavia, appellarsi al comitato dei probi viri che agisce, pertanto, quale giudice di secondo grado(100). Analoga facoltà di appello al comitato dei probi viri è concessa, secondo quanto stabilisce lo statuto della Banca Popolare Cooperativa e di piccoli prestiti, al socio la cui esclusione sia stata decretata dal consiglio direttivo(101). La sanzione, a norma dello statuto ultimo considerato, è comminata a danno dei soci condannati a pene criminali o correzionali "per reato di corruzione, di falso, di furto e di truffa" nonché a danno del socio nei cui confronti la banca sia stata costretta "ad Atti Giudiziari" per ottenere il soddisfacimento delle obbligazioni da lui contratte con la medesima(102). Una sanzione grave, come l’espulsione, è prevista anche dallo statuto del Nuovo Circolo a norma del quale il presidente, di sua iniziativa o su proposta di dieci soci, può invitare l’assemblea a deliberare l’espulsione del socio il quale abbia mancato "ai doveri dell’onore, della moralità e dell’educazione"(103).

Quest’ultima disposizione ricalca sostanzialmente quella contenuta nello statuto del circolo "L’Avvenire" a norma del quale l’espulsione del socio, resosi "indegno di appartenere al Circolo", è deliberata dall’assemblea a maggioranza assoluta dei soci(104). Nello statuto del "Nuovo Circolo" è prevista una misura disciplinare particolare nei confronti del socio in ritardo col pagamento di due mensilità e cioè l’affissione del nome del socio moroso in una delle sale del circolo "a ciò destinate"(105). Se malgrado tale misura disciplinare, il socio persiste per ben altri due mesi nella sua morosità, allora, il suo nome sarà automaticamente cancellato dall’albo senza pregiudizio per la successiva azione creditoria intentata nei confronti del medesimo(106). L’inadempienza del tesoriere nell’espletamento delle funzioni che a lui competono rende lo stesso responsabile "di fronte all’Amministrazione del pagamento delle somme dovute dal socio moroso"(107).

Analogamente lo Statuto del Circolo "L’Avvenire" prevede la cancellazione dall’albo del socio moroso che non si è messo al corrente con i pagamenti delle quote dovute nonostante l’avviso del socio cassiere(108).

Analizziamo adesso gli scopi perseguiti dai sodalizi attraverso un’attenta lettura degli statuti.

Il sistema della "sicurezza sociale", comprendente la tutela dei rischi propri dei lavoratori, la protezione dei medesimi soggetti e dei loro familiari da una serie di bisogni ritenuti essenziali alla vita e l’assistenza dei restanti cittadini contro l’indigenza e le malattie, è affidato, oggi, allo stato perciò definito "stato assistenziale" o anche "stato sociale" o "welfare state". Il termine sicurezza sociale introdotto dalla legislazione americana nel 1935 attraverso il "Social Security Act" si è diffuso in maniera quanto mai rapida probabilmente a causa della suggestione derivante dal termine "sicurezza"(109). Lo stato assistenziale, secondo una definizione coniata dalla dottrina tedesca, agisce per la tutela di innumerevoli bisogni come, a esempio, le malattie, l’invalidità e la vecchiaia, avvalendosi di enti e organi di respiro nazionale istituiti per i fini sopra accennati. Non bisogna credere che lo "stato sociale" sia sempre esistito in quanto, originariamente, la tutela di determinati bisogni essenziali alla vita era affidata a sodalizi ispirantisi al principio del mutuo soccorso. Nel 1850 a Torino viene fondata la Società Generale degli Operai(110) che segna la nascita del movimento mutualistico italiano, in ritardo rispetto a quello degli altri paesi europei ma ciò a causa dello spirito corporativistico delle categorie e delle tendenze regionalistiche delle iniziative(111). Il movimento mutualistico, diffondendosi in tutta la penisola, interessò anche la cittadina di Salemi dove all’indomani dell’Unità d’Italia, come abbiamo visto, furono costituiti diversi sodalizi perseguenti fini dichiaratamente mutualistici. Nel 1885, sostituendosi alle antiche maestranze, viene fondata la Congregazione di Sant’Eligio il cui scopo era "attendere la santificazione dell’anima con l’esercizio della cristiana virtù e con la pratica della cristiana carità" nonché "assistere i poveri infermi e ai componenti la Santa Congregazione"(112). L’assistenza nei confronti "del fratello gravemente infermo" non consiste in un sussidio in denaro o in prestazioni sanitarie completamente a carico della congregazione ma in un aiuto, per così dire, morale prestato dal "Superiore" il quale avrà il dovere di visitare, ogni giorno, l’infermo accompagnato "da due fratelli"(113). Ma già nel 1879 era stata fondata a Salemi una Società Operaia di Mutuo Soccorso fra gli onesti operai di Salemi, il cui fine precipuo era il "mutuo soccorso materiale, intellettuale e morale tra i suoi soci"(114), da realizzarsi attraverso la corresponsione di "sussidi ai soci ammalati e l’assistenza medica, soccorrendo i vecchi impotenti al lavoro, promuovendo l’istruzione dei soci mediante aperture di scuole..."(115). Anche lo statuto della Società Operaia del 1883 si prefigge come scopo il miglioramento delle condizioni materiali e morali degli iscritti da realizzarsi promuovendo tra gli associati la fratellanza, l’istruzione, l’onestà e soccorrendo i soci necessitati, specialmente in caso di malattia o altri accadimenti nefasti(116). E’ previsto un sussidio in denaro per i soci ammalati nonchè l’assistenza del medico e "l’apprestamento dei medicinali a spese della società"(117), a condizione però che i soci infermi siano "in saldo del pagamento della tassa d’entrata e della retta mensile"(118). L’assistenza medica, tuttavia, non è prevista per quelle malattie provocate da intemperanza o da cattiva condotta(119), essendo i requisiti morali dei soci una discriminante e il miglioramento morale degli stessi uno scopo societario. Tale disposizione era già presente nello statuto della Società Operaia del 1879(120) in quanto anche per quest’ultima l’elevazione della condizione spirituale dei soci era uno dei principali scopi da perseguire. Sarebbe stata una chiara contraddizione, infatti, attribuire un sussidio ad un socio la cui infermità fosse stata causata da un comportamento biasimevole. L’assistenza medica è un diritto del socio infermo anche secondo lo statuto della Società Operaia del 1888(121), la quale persegue lo scopo del mutuo soccorso per il miglioramento delle condizioni materiali degli iscritti(122). Il mutuo soccorso è finalizzato anche al miglioramento morale degli associati che sarà conseguito promuovendo "tra loro l’istruzione, il lavoro e il sentimento della fratellanza, dell’onestà e del risparmio"(123). Comune agli statuti, precedentemente menzionati, è la norma secondo la quale l’infermità derivante da cattive abitudini fa venir meno il diritto all’assistenza medica e a qualsiasi tipo di sussidio pecuniario. Lo scopo del mutuo soccorso materiale è conseguito, ai sensi dello statuto della Società Operaia del 1879, oltre che con l’assistenza medica in caso di infermità anche con la corresponsione di una pensione giornaliera a favore degli associati i quali, raggiunto un determinato limite d’età, vengono dichiarati ormai inabili al lavoro(124).

L’istituto del pensionamento per inabilità al lavoro non è previsto negli statuti della Società Operaia redatti nel 1883 e poi ancora 1888. Quest’ultimi statuti prevedono la corresponsione di un sussidio in denaro in favore degli associati che versano in condizioni di salute precaria mentre, secondo lo statuto della Società Operaia del 1879, il sussidio in caso di malattia non è corrisposto all’associato che già gode di una pensione giornaliera per dichiarata inabilità al lavoro(125). Se la nostra Costituzione Repubblicana del 1948, fissa il diritto di "ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere" al mantenimento e all’assistenza sociale, nello scorso secolo tale diritto non era previsto dalla legislazione statale allora vigente la quale sembrava adattarsi con difficoltà e lentezza alle trasformazioni politiche e sociali in atto. La evidente sfasatura tra la normativa associazionistica dello scorso secolo e la legislazione statale in materia sociale sembra essere stata superata con l’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana del 1948 contenente disposizioni programmatiche relative al sociale. Dopo questa breve parentesi, desidero riportare l’attenzione sugli scopi che si prefiggevano le società operaie di mutuo soccorso rispetto agli altri sodalizi già menzionati. Le Società Operaie di Mutuo Soccorso d’ispirazione laica si prefiggevano il miglioramento delle condizioni materiali e morali dei soci, mentre lo scopo della Congregazione di S. Eligio era, ricordiamo, "l’attendere" esclusivamente "alla santificazione dell’anima".

A proposito della Società Operaia del 1883 merita attenzione una disposizione statutaria e specificatamente quella che prevede la formazione di una "cassa di prestiti" da cui potevano trarre vantaggio esclusivamente i soci(126). Tale disposizione è strettamente connessa ad uno degli scopi societari e segnatamente quello riguardante il miglioramento delle condizioni materiali degli associati. Il "miglioramento materiale, morale ed intellettuale" dei soci è uno scopo che si prefiggeva anche l’Associazione degli Agricoltori di Salemi(127) la quale, tra l’altro, può perseguire scopi accessori diretti, tuttavia, al perfezionamento dell’agricoltura e delle classi agricole(128). Per il conseguimento di migliori condizioni economiche l’associazione si avvale di una "Cassa di Anticipazione" al fine di agevolare i soci, nell’esercizio dell’industria agricola, attraverso "piccoli prestiti per l’acquisto di sementi, attrezzi agricoli, bestiame"(129). La società si preoccuperà di prendere in affitto terreni che cederà successivamente ai soci rimanendo, tuttavia, al consiglio di amministrazione la facoltà di determinare il sistema di conduzione(130). Ricordiamo che l’Associazione degli Agricoltori, fondata nel 1891, era sostanzialmente una società per azioni come lo era la Banca Popolare Cooperativa la quale, analogamente alla prima, aveva il compito di "assumere in gabella" terreni da succoncedere in lotti ai propri iscritti(131). I mezzi approntati dalla Banca Popolare Cooperativa, erano diretti esclusivamente al miglioramento delle condizioni materiali degli associati, disinteressandosi, per così dire, della cura delle loro anime. I requisiti di ordine morale non erano determinanti per essere ammessi come soci alla Banca Popolare Cooperativa mentre lo erano ancora per l’Associazione degli Agricoltori, a norma del cui statuto la domanda di ammissione del candidato doveva essere controfirmata da due soci a garanzia dell’"onorabilità" del primo(132). La norma è in sintonia con quella che prevede di conseguire il miglioramento morale dei soci. L’Associazione degli Agricoltori si fa carico di "procurare lavoro ai soci che ne difettano" e di fornire un’adeguata istruzione sia con "scuole festive, sia con conferenze relative all’agricoltura"(133).

Lo studio del movimento associazionistico a Salemi si completa considerando gli scopi che si prefiggevano il "Nuovo Circolo", oggi Circolo di Cultura Buoni Amici e il circolo "L’Avvenire".

Entrambi i sodalizi appena menzionati erano interessati esclusivamente al miglioramento intellettuale e morale degli iscritti diversamente da quanto previsto negli statuti delle società operaie le quali si proponevano, come abbiamo già visto, di conseguire sia il miglioramento morale che quello materiale degli associati espressione di una classe intimamente debole e disagiata.

A ragione Salvo Mastellone afferma che le associazioni sorsero per "ovviare alla mancanza di legislazione sociale" e alla mancanza di ogni previdenza sul lavoro(134) oltre che per rispondere alla necessità di un ordinamento veramente democratico e cioè aperto alla partecipazione attiva di tutte le classi. Gli associati del "Nuovo Circolo", esponenti della classe colta, godevano di una situazione patrimoniale brillante, circostanza desumibile dal fatto che allora ben pochi erano così fortunati da raggiungere un certo livello di istruzione. Il grado di istruzione agiva da elemento discriminatore a proposito dell’ammissione del candidato ma ciò non è espressamente previsto dallo statuto del circolo. Per promuovere e consolidare l’affratellamento della classe colta, il "Nuovo Circolo" disponeva di una sala di "lettura" provvista di "giornali politici" ma anche di "libri e riviste letterarie"(135) nonchè di una sala da gioco fornita di carte apprestate dal circolo stesso(136). Gli statuti delle società operaie di mutuo soccorso, invece, proibivano agli associati di impegnarsi in discussioni riguardanti la politica o il culto religioso, mirando a evitare che si manifestassero divergenze di opinioni tali da minare quell’armonia interna, necessaria al perseguimento dei fini che gli erano propri(137).

Va infine sottolineato il carattere democratico del movimento associazionistico testimoniato dalla centralità dell’assemblea. E concordiamo con Salvo Mastellone nell’affermare la profonda connessione tra associazione e democrazia: "dove le associazioni a fini pacifici e sociali non sono ammesse, non può esserci vera democrazia"(138).

L’associazionismo, pertanto, come scuola, "palestra" di democrazia.

Register and Claim Bonus at williamhill.com