Tra finito e infinito il magistero di Renato Composto di Salvatore Lo Bue

Non ho conosciuto Renato Composto: la frequenza della sua opera è stata merito dell’affetto e della intuizione umana della carissima signora Mazzamuto, che ha voluto fortemente il convegno che recentemente lo ha celebrato, dimostrando la felice cura di chi della verità del tempo e della verità delle opere si fa partecipe. A Lei devo grazie per un incontro postumo con un maestro dimenticato, che ora rivive non soltanto in chi lo ha amato, ma nel gesto imperioso delle sue opere e nel potere delle idee.

Comincio allora col dire che Renato Composto è uno "spirito guerriero", un uomo della contraddizione e del disincanto: le due anime, che in lui creavano polemos ideologico e ideale, rendevano inquieta la sua trasferta terrena e il suo magistero quotidiano, perché in lui evidenti e manifeste erano per un verso la tensione per le battaglie terrene, per l’affermazione del diritto e della giustizia, vissute con uno spirito inflessibile e moralmente dissolvente i dubbi; e per altro verso la tensione per le regioni chiare dell’azzurro, per la notte oscura della privazione e del misticismo, fatto non però di adesione a un assoluto esterno, ma di cura a un assoluto interiore, il logos stesso e la parola scritta e detta, cui dedicare la speranza del compimento, l’affermazione della verità.

In un tempo in cui pensare era difficile perché tutto omologato alle parole del potere, egli pensò sempre contro, e non per pregiudizio, ma per testimonianza.

In un tempo in cui sentire era problematico, egli sentì pagando di persona la qualità del suo esistere e del suo professare e del suo testimoniare la verità.

In un tempo in cui insegnare richiedeva il tempo del rigore e dell’impegno, egli si scontrò contro il disordine del nuovo, contro la ribellione delle generazioni, contro altri giovani spirti guerrieri, che egli non capì e nei confronti dei quali si tormentò, perché non era fatto il suo cuore di materia malleabile, e il Sessantotto richiedeva un plasmatore di forze, un artista, non un filosofo, per potere essere compreso.

Ma nonostante tutto, Renato Composto seppe incarnare il declino consapevole di un’epoca e la nascita difficile di una nuova era, tra un confine e l’altro egli consistente, se pure non idoneo a quel salto che avrebbe consentito al suo cammino di continuare e al suo spirito di espandersi nel nuovo.

Restano, comunque, le opere e i giorni del suo insegnamento, la traccia della luce che egli seppe diffondere in quella cultura siciliana così avida di colore, così destinata alla gioia, così commossa dalla contraddizione e dal turbamento. Di questa cultura Renato Composto è stato uno dei maestri riconosciuti, che continuano a vivere nelle anime solitarie di chi ha assunto come principio il dovere, come mezzo il logos, come fine la verità

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